PER L’AUTHORITY LA CONSEGNA DA PARTE DEL DIPENDENTE NON E’ SUFFICIENTE.
L’obbligatorietà del green pass nel luogo di lavoro pone importanti quesiti sulla riservatezza dei dati dei dipendenti.
Il Garante della Privacy ha segnalato a Parlamento e Governo alcune criticità, in merito alla possibilità – introdotta con la conversione del D.L. n. 127/2021 – che il lavoratore consegni volontariamente copia della certificazione verde al datore di lavoro osservando che tale previsione rischia di determinare la sostanziale elusione delle finalità di sanità pubblica complessivamente sottese al sistema del “Green Pass”.
L’assenza di verifiche durante il periodo di validità del certificato non consentirebbe, infatti, di rilevare l’eventuale condizione di positività sopravvenuta in capo all’intestatario del certificato, in contrasto, peraltro, con il principio di esattezza cui deve informarsi il trattamento dei dati personali (art. 5, par.1, lett. d) Reg. Ue 2016/679).
Tale modalità di conservazione dei certificati verdi, quindi, oltre ad essere contrario al Considerando 48 del Regolamento (UE) 2021/953 – che sancisce che “Laddove il certificato venga utilizzato per scopi non medici, i dati personali ai quali viene effettuato l’accesso durante il processo di verifica non devono essere conservati, secondo le disposizioni del presente regolamento” – renderebbe il trattamento dei relativi dati non del tutto proporzionato alle finalità perseguite.
Il Garante argomenta che il divieto è finalizzato a garantire la riservatezza “non solo dei dati sulla condizione clinica del soggetto (in relazione alle certificazioni da avvenuta guarigione), ma anche delle scelte da ciascuno compiute in ordine alla profilassi vaccinale”, tutti dati facilmente conoscibili dal datore di lavoro nel momento in cui conserva i Green Pass dei dipendenti.
La prevista ostensione (e consegna) del certificato verde a un soggetto, quale il datore di lavoro, pare infatti poco compatibile con le garanzie sancite sia dalla disciplina di protezione dati, sia dalla normativa giuslavoristica (art. 88 Reg. Ue 2016/679; art. 113 del D.lgs. 196 del 2003; artt. 5 e 8 della l.n. 300/1970; art. 10 del D.lgs. n. 276 del 2003).
La prevista facoltà di conservazione del Green Pass NON può ritenersi legittima sulla base di un presunto consenso implicito del lavoratore che la consegni, ritenendo il diritto sottesovi pienamente disponibile.
Dal punto di vista della protezione dei dati personali, il consenso in ambito lavorativo non può, infatti, ritenersi un idoneo presupposto di liceità, in ragione dell’asimmetria che caratterizza il rapporto lavorativo stesso.