Il D.L. n. 124 del 2019, all’art. 39 ha previsto un inasprimento delle sanzioni penali in caso di dichiarazione fraudolenta qualora, in ambito societario, vengano utilizzati documenti contabili che riportino operazioni, anche solo in parte, inesistenti.
Tale fattispecie si può verificare nella produzione di fatture, per i documenti contabili aventi rilievo probatorio in ambito tributario o in quelli utilizzati a documentare la base imponibile fiscale dei lavoratori subordinati: la busta paga.
Esempi classici sono le note spese prodotte dagli amministratori in occasione delle trasferte i cui importi vengono portati in deduzione dalla società e non concorrono a formare l’imponibile previdenziale e fiscale dell’interessato.
In presenza di note spese false, dedotte in dichiarazione dalla società, si integra – ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 74/2000 – la condotta illecita di dichiarazione fraudolenta nei confronti del rappresentante legale quale firmatario della stessa la cui sanzione penale è così determinabile:
- reclusione da 4 a 8 anni se l’imponibile non corrispondente al vero supera i 100.000 euro in un periodo di imposta;
- reclusione da 18 mesi a 6 anni se trattasi di importo inferiore.
Relativamente ai rapporti di lavoro dipendente, la documentazione di riferimento è la Certificazione Unica (documento riepilogativo ai fini fiscali delle buste paga) rilasciata annualmente al lavoratore.
Qualora nella CU dovesse essere indicato un valore differente da quanto realmente percepito, si rientrerebbe nel delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di falsi documenti al pari di coloro che, al fine di evadere le imposte o l’Iva, si avvalgono di fatture o altri documenti attestanti operazioni inesistenti.