TRASFERTE POST COVID-19
Come noto, in virtù di quanto disciplinato dal D.L. n. 44/2021 (misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2) esiste un obbligo di vaccinazione solo per le professioni sanitarie o comunque in caso di esposizione diretta ad agenti biologici e ciò crea non pochi dubbi su come gestire la restante parte del personale dipendente di aziende private, non soggette all’obbligo di vaccinazione.
Bisogna considerare, inoltre, che le imprese hanno poco spazio di manovra su come gestire la situazione epidemiologica all’interno del proprio perimetro aziendale: se da un lato l’azienda deve adottare tutte le misure necessarie per contenere il virus, dall’altra parte non può imporre nessuna regola specifica per la vaccinazione.
I datori di lavoro, quindi, possono incentivare la vaccinazione dei propri dipendenti prevedendo la possibilità di farlo in azienda, ma non possono entrare in merito ai nominativi di coloro che effettivamente aderiscono all’iniziativa.
Come deve comportarsi un’azienda che – per caratteristiche della propria attività – prevede spostamenti dei dipendenti in Italia o all’estero?
Tenendo presente che l’azienda non è autorizzata ad acquisire i dati del personale vaccinato, come può capire se il dipendente che manda in trasferta sia tutelato dall’esposizione diretta al virus ?
Come può il dipendente svolgere la sua mansione lavorativa tra sicurezza e tutela della privacy?
Il lavoratore che svolge la propria attività anche in trasferta, dovrà necessariamente e in modo del tutto autonomo (in virtù del fatto che il datore di lavoro non può avere alcuna ingerenza in merito) acquisire uno qualsiasi degli strumenti messi a disposizione per poter liberamente circolare nei posti di lavoro dove dovrà recarsi e, qualora non fosse nella possibilità di effettuare gli spostamenti e rifiutato senza giustificato motivo di sottoporsi agli accertamenti necessari per conseguire il certificato europeo, potrebbe vedersi escluso dal prestare l’attività lavorativa non potendo dimostrare la buona fede e diligenza nell’eseguire la prestazione di lavoro.
Se da un lato non si ha un vero e proprio obbligo a vaccinare, dall’altro la vaccinazione diventerebbe condicio sine qua non alla possibilità materiale di svolgere concretamente la mansione.
Anche in tale circostanza, come definito dai vari protocolli e chiarimenti succedutesi negli ultimi mesi, sarà il medico competente a valutare l’idoneità del lavoratore non vaccinato ad effettuare la trasferta determinandone la pericolosità.
Attesi ulteriori aggiornamenti volti a chiarire come comportarsi in caso di trasferte in altri Paesi membri, nei quali si imponga il Green Pass come requisito di accesso.