AMMINISTRATORE E SUBORDINAZIONE.
La V sezione tributaria della Cassazione ritorna su un argomento spesso dibattuto affermando l’incompatibilità tra la funzione di lavoratore dipendente di una società di capitali e la carica di amministratore C.d.A. o amministratore della stessa.
Il concetto si basa sull’impossibilità di concentrare, in un’unica persona, i poteri di rappresentanza/direzione/controllo e disciplina della società e, contemporaneamente, quelli di lavoratore dipendente: due cariche incompatibili.
I casi trattati in due sentenze (n. 36362 del 23 novembre 2021 e n. 38017 del 2 dicembre 2021) riguardavano soci e amministratori che, nella medesima società, risultavano lavoratori dipendenti percependo sia i compensi per le cariche sociali, sia il compenso derivante dal rapporto di lavoro dipendente.
L’Agenzia delle Entrate aveva, quindi, recuperato a tassazione le spese sostenute dalla società, nei confronti dei soci e amministratori, in relazione ai rapporti di lavoro subordinato in virtù dell’assenza degli elementi caratteristici del potere direttivo, gerarchico e disciplinare che inducevano gli interessati a non rispondere del proprio operato ad alcun superiore gerarchico.
Il principio ribadito nelle due sentenze è quanto già in precedenza espresso:
compatibilità tra la posizione di socio di società di capitali con quella di amministratore della stessa, fatto salvo il caso in cui sia amministratore unico, presidente del C.d.A. o socio c.d. “sovrano”.