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LICENZIAMENTO
La Cassazione, con sentenza n. 7029/2023, ha affrontato il caso di un lavoratore (già oggetto di provvedimenti disciplinari di natura conservativa atti a punire comportamenti di insubordinazione e sessisti) che, in pubblico, aveva rivolto a una collega (neo mamma) apprezzamenti riguardanti la sua sfera personale e i suoi costumi sessuali, oltre a offese e minacce al Presidente della Commissione di disciplina.
L’azienda, operante nei servizi di trasporto pubblico locale, considerando i comportamenti recidivi e particolarmente gravi del lavoratore, aveva proceduto con il licenziato per giusta causa.
Il lavoratore, ritenendo il licenziamento ingiusto e non sorretto da giusta causa, impugnava il provvedimento presso il Tribunale di Bologna e il Giudice del Lavoro (ordinanza 20/03/2019) confermava il provvedimento di natura espulsiva. Posizione che, la Corte di Appello di Bologna riformava, condannando l’azienda al reintegro, ritenendo sproporzionata la sanzione e classificando inurbano il comportamento del lavoratore.
La Corte di Cassazione, quindi, ritiene che le offese rivolte alla collega non possano essere classificate come “inurbane” perchè in contrasto con valori ben più pregnanti, radicati nella coscienza generale ed espressione di principi generali dell’ordinamento, in contrasto con i diritti inviolabili dell’uomo nella Carta Costituzionale e alla previsione di discipline antidiscriminatorie tra cui il Codice delle Pari Opportunità oltre all’esigenza di riservatezza delle informazioni riferibili alla persona tra cui quelle relative all’orientamento sessuale.