L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha precisato, con nota dello scorso 23 gennaio, che le somme riconosciute al lavoratore con periodicità annuale o infrannuale, nonché le indennità dovute a seguito di cessazione rapporto di lavoro si prescrivono nel termine quinquennale.
La Cassazione ha più volte espresso l’orientamento secondo il quale la decorrenza del termine prescrizionale non possa mai operare in costanza di rapporto di lavoro in quanto il lavoratore si trova in una posizione di sudditanza psicologica tale da indurlo a rinunciare alla pretesa dei propri diritti.
Orientamenti più recenti della giurisprudenza hanno ritenuto che la valutazione di tale “sudditanza psicologica” debba essere rimessa al Giudice che dovrà tener conto delle concrete modalità di esecuzione della prestazione lavorativa (anche in presenza di tutela reale).
Principi che imporrebbero agli organi di vigilanza di considerare esclusivamente l’entità dei crediti maturati nei termini prescrizionali di cinque anni decorrenti dal primo giorno utile per farne valere il diritto anche se in costanza di rapporto di lavoro; a tal fine, gli organi ispettivi dovranno tener conto di ogni atto interruttivo esperito dal lavoratore nel corso del rapporto di lavoro.
Sarà sufficiente, quindi, che il lavoratore creditore manifesti al debitore, con atto scritto, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto.
In presenza di tale documentazione, gli ispettori potranno adottare la diffida accertativa (crediti certi, liquidi ed esigibili) anche per crediti risalenti nel tempo purché non siano decorsi i cinque anni dall’ultimo atto interruttivo della prescrizione.