L’evidenza era, fin dall’inizio, sotto gli occhi di tutti coloro che operano attivamente nel mondo del lavoro e degli imprenditori ormai allo stremo: le prime nove settimane di CIG per COVID-19 e le ulteriori cinque concesse non sarebbero state sufficienti a coprire la prima fase del periodo emergenziale e l’ordinario meccanismo di richiesta degli ammortizzatori non poteva andar bene in un momento così delicato.
Così, tra una amatriciana, un osso buco e un carciofo alla giuda serviti a Villa Pamphilj la montagna ha partorito il topolino e, dapprima un comunicato stampa del Consiglio dei Ministri datato 15 giugno delle ore 21,30 e con Decreto Legge n. 52 del 16 giugno 2020 (G.U. n. 151 del 16/06/2020), ecco la decisione di anticipare le ulteriori quattro settimane di CIG COVID-19, inizialmente destinate a fornire un minimo di copertura nel periodo 1° settembre – 31 ottobre destinate alle aziende che hanno esaurito le prime 14 inizialmente previste dal Decreto “Cura Italia” (prime nove) e successivamente rifinanziate dal Decreto “Rilancio” (ulteriori cinque).
Un provvedimento tardivo (bisognerebbe ricordare ai commensali che le imprese non lavorano alla “giornata” ma secondo programmazione) che dovrà essere, cosa da non sottovalutare, armonizzato con il divieto di licenziamento in vigore fino al prossimo 17 agosto: di fatto, una coperta sempre troppo corta che rinvierà, di poco, il problema della copertura degli ammortizzatori nati mali e gestiti peggio.
Le aziende interessate avranno 45 giorni di tempo per trasmettere all’INPS i modelli SR41 necessari all’Istituto per acquisire le informazioni utili alla liquidazione della cassa rispetto alla quale – ad oggi – risultano ancora penalizzati gli artigiani che devono attingere da un altro fondo (FSBA) le cui risorse sono esaurite da mesi e per il quale si attende, da altrettanto tempo, il dovuto rifinanziamento.
Prevista, quindi, una sanzione per i datori di lavoro che non effettueranno l’invio dei predetti modello SR41 nei termini previsti – entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale o, se posteriore, entro 30 giorni dal giorno del provvedimento di concessione – i quali dovranno accollarsi il pagamento dell’ammortizzatore e i connessi oneri.
Una inesorabile e lenta agonia che continua a mettere a dura prova le imprese e i professionisti del settore posticipando, solo di qualche settimana, il problema.
Un continuo “carpe diem” …