Ancora problemi per i datori di lavoro che, ricorrendo ai contratti a termine (anche in somministrazione) in un periodo reso ancor più difficile a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e credendo di poter contare sulla libertà di impresa come logico ed espressamente previsto dalla Costituzione Italiana (art. 41), si troveranno, invece, a fare i conti con la concreta possibilità di un aumento dei costi del personale e prestazioni di lavoro che potrebbero non essere più necessarie !
L’art. 93, comma 1 bis della legge di conversione del decreto Rilancio (legge n. 77/2020) stabilisce la prosecuzione ex lege dei contratti a termine – anche in somministrazione e apprendistato – per una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa determinata dall’emergenza epidemiologica.
Disposizione già prevista (e giustificabile) per i contratti di apprendistato, per consentire il completamento del percorso formativo, ma assolutamente inopportuna e inadeguata per i contratti di lavoro a termine (anche in somministrazione).
In poche parole, l’art. 93 della Legge n. 77/2020 trasferisce al datore di lavoro il costo del personale impiegato con contratto a termine – anche in somministrazione – in misura corrispondente al numero di giornate in cui ha usufruito dell’ammortizzatore sociale.
Es.: lavoratore titolare di contratto a termine e posto in cassa integrazione COVID-19 per un mese, vedrà slittare di un mese la scadenza del proprio contratto di lavoro.
Meno chiara la posizione dei contratti a termine in somministrazione che, per loro natura, hanno un aspetto commerciale (contratto tra agenzia per il lavoro e azienda utilizzatrice) e un aspetto di lavoro (prestazione lavorativa tra lavoratore somministrato e agenzia): il legislatore non fornisce spiegazioni su come deve essere inteso il prolungamento del termine contrattuale ponendo l’azienda utilizzatrice in condizioni di rifiutare la prestazione del lavoratore beneficiario della proroga e lasciando all’agenzia per il lavoro l’intero costo.
Come se non bastassero i problemi creati dal legislatore, il Ministero del Lavoro è intervenuto con una FAQ sul proprio sito facendo rientrare, tra i contratti obbligati alla proroga, anche gli stagionali e confermando che, oltre ai periodi di sospensione per intervento della CIG COVID-19, bisogna considerare anche i periodi di ferie, nonché i periodi di sospensione per emergenza COVID-19 (es. congedo, quarantena, permessi per i lavoratori fragili, ecc.) cui le parti hanno fatto ricorso !
Ci chiediamo, a questo punto, se il “distratto” legislatore si sia reso conto che tale disposizione potrà far sorgere un notevole contenzioso tra lavoratori e datori di lavoro: la proroga obbligatoria potrebbe avere riflessi negativi, ad esempio, sulla durata massima del contratto a termine e sul diritto di precedenza in caso di nuove assunzioni a tempo indeterminato.
Possiamo sperare di aver toccato il fondo ?