La legge n. 120, di conversione con modificazioni del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 recante misure urgenti per la semplificazione e innovazione digitale, entrata in vigore lo scorso 15 settembre, ha previsto che la diffida accertativa trovi applicazione anche nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro, ritenuti solidamente responsabili dei crediti accertati.
Nella pratica, qualora il lavoratore interessato all’appalto non dovesse percepire la retribuzione, potrà rifarsi sul committente ricorrendo all’Ispettorato del Lavoro che emetterà diffida accertativa applicabile nei confronti del datore di lavoro (titolare del rapporto) e dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro.
Dal 15 settembre, inoltre, il datore di lavoro che riceve la diffida accertativa di crediti patrimoniali, potrà promuovere – nel termine di trenta giorni – un tentativo di conciliazione presso l’Ispettorato del Lavoro competente a seguito del quale, in caso di accordo, la diffida perderà ogni effetto (in alternativa, potrà presentare ricorso che sospende l’esecutività della diffida per 60 giorni entro i quali deve essere deciso il ricorso stesso).
Trascorso il termine di 30 giorni o qualora l’accordo non venga raggiunto, la diffida acquista efficacia di titolo esecutivo consentendo al lavoratore di agire per il recupero dei propri crediti patrimoniali nei confronti di chi ha utilizzato le sue prestazioni lavorative.