L’Ispettorato Nazionale del Lavoro con nota n. 1050 dello scorso 26 novembre, fornisce alcuni chiarimenti circa la definizione del lavoratore notturno ossia colui che svolge la propria attività nel periodo notturno: periodo di almeno sette ore consecutive comprese nell’intervallo temporale tra la mezzanotte e le ore 5 del mattino.
Per la determinazione dell’intervallo di sette ore di lavoro consecutive, bisogna far riferimento a quanto disposto, in materia di orario di lavoro, dal CCNL applicato nonché dal contratto di lavoro intercorrente tra le parti: l’intervallo può essere compreso tra le ore 22:00 e le ore 05:00, tra le ore 23:00 e le ore 06:00 o tra la mezzanotte e le ore 07:00.
Per lavoratore notturno, in base a quanto previsto dall’art. 1 del D.Lgs. n. 66/2003, si deve intendere:
1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale.
La lettera e) va quindi intesa nel senso che:
a) è considerato lavoratore notturno colui che è tenuto contrattualmente e quindi stabilmente a svolgere tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero nel periodo notturno (cioè in un arco temporale, come sopra declinato, comprendente l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino);
b) in presenza di regolamentazione della contrattazione collettiva, si considera lavoratore notturno colui il quale svolga, nel periodo notturno, la parte di orario di lavoro individuato dalle disposizioni del contratto collettivo. In tal caso al contratto collettivo è quindi demandata l’individuazione sia del numero delle ore giornaliere di lavoro da effettuarsi durante il periodo notturno (che potrebbe pertanto essere inferiore o superiore alle tre ore stabilite ex lege), sia il numero delle giornate necessarie per rientrare nella categoria di “lavoratore notturno”;
c) in assenza di disciplina collettiva, si considera lavoratore notturno colui il quale svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero durante il periodo notturno per almeno ottanta giorni lavorativi all’anno.
Nel caso di cui alla lett. b), laddove la contrattazione si limiti a riproporre il testo della norma di cui al punto 2), senza specificare il numero di ore rilevanti ai fini della qualificazione del lavoratore come “lavoratore notturno”, troverà evidentemente applicazione la disciplina normativa (tre ore nel periodo notturno per 80 giorni l’anno). Così come, laddove la contrattazione si limiti ad individuare uno solo dei parametri – giornaliero e annuale – utili alla definizione di “lavoratore notturno”, il secondo dovrà essere necessariamente individuato in quello previsto dal legislatore (tre ore giornaliere o ottanta giorni l’anno).
Si ricorda infine che solo ai lavoratori notturni individuati nei termini sopra chiariti trova applicazione il limite massimo giornaliero di otto ore di lavoro di cui all’art. 13, comma 1, e non già a qualsivoglia lavoratore che svolga di notte una parte del suo orario di lavoro (cfr. nota Ministero lavoro prot. n. 388 del 12 aprile 2005).