Il contagio da Covid-19 di origine professionale viene sempre valutato da una commissione tecnico scientifica dell’Inail e – qualora dall’istruttoria dovesse emergere che l’evento si sia verificato in occasione di lavoro – il dipendente interessato avrebbe diritto alla copertura infortunistica fatta salva la possibilità di rivalersi sul datore di lavoro che non abbia rispettato le misure di precauzione previste dai protocolli ratificati con le parti sociali.
Con queste indicazioni fornite alle proprie sedi con una nota l’Inail ha voluto soffocare le polemiche seguite all’apertura di un’istruttoria aperta nei confronti di una quindicina di infermieri “no vax”del San Martino di Genova colpiti da Covid-19, conseguenti a una segnalazione arrivata dal direttore generale della struttura ospedaliera con la richiesta di chiarire se costoro dovessero essere considerati vittime di infortunio o spettasse loro la semplice copertura Inps per la malattia.
La questione affrontata dell’Istituto – che ha fatto sapere informalmente di non avere mai dichiarato di essere propenso a non riconoscere l’infortunio per il rifiuto del vaccino – si presenta complessa poiché la vaccinazione contro il coronavirus NON è obbligatoria: elemento, quest’ultimo, che si intreccia strettamente anche con il tema della tutela della privacy, come ha ricordato nei giorni scorsi il Garante sottolineando in alcune faq, i cui dati sanitari non possono essere trattati dal datore di lavoro ma solo dal medico aziendale competente.
In questo contesto di non obbligatorietà del vaccino l’Istituto ha però, come detto, chiesto il coinvolgimento nell’ambito dell’istruttoria dei ministeri del Lavoro e della Salute in attesa che sul tema dell’obbligatorietà dei vaccini, almeno per alcune categorie professionali, il nuovo Governo possa intervenire per sbrogliare la matassa.