In assenza di specifico accordo o regolamento interno, qualora il datore di lavoro dovesse decidere di farsi carico del costo del tampone dei propri dipendenti, la somma diventa tassata in capo al lavoratore.
Dal prossimo 15 ottobre, in base a quanto previsto dal decreto-legge 127/2021, tutti i lavoratori del settore privato (oltre che pubblico) dovranno esibire il certificato verde per poter accedere ai luoghi di lavoro e, non è da escludere, che ci siano datori di lavoro che decidano di accollarsi l’onere dei tamponi (rapidi o molecolari), alternativi alla vaccinazione, per il conseguimento del green pass.
Le somme sostenute dal datore di lavoro per tali motivazioni e che non vengono considerate nell’interesse esclusivo dell’azienda, dovranno essere valutate al pari di una delle varie forme di welfare aziendale e assoggettate a tassazione fatti salvi i casi in cui le stesse vengano espressamente disciplinate in un accordo o regolamento aziendale.
In mancanza di uno di queste due soluzioni, il datore di lavoro potrebbe far rientrare come benefit le spese sostenute nella misura massima annua pari a euro 258,23/anno (per il 2021, come previsto dal Decreto Sostegni n. 41 del 22 marzo 2021, aumenta a euro 516,46).