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RISERVATEZZA
La Cassazione, con la sentenza n. 5334 dello scorso 28 febbraio, ha affermato il principio secondo il quale, la pubblicazione da parte di un lavoratore di un video in una chat privata cui risultavano iscritti 15 colleghi di lavoro, non fosse sufficiente a integrare una giusta causa di licenziamento (art. 2119 c.c.).
Il caso trattato riguardava la diffusione nella chat privata dei colleghi di un video registrato da un lavoratore che riprendeva, all’interno del negozio, una cliente corposa con l’intenzione di schernirla.
Il datore di lavoro, venuto a conoscenza per il tramite di un partecipante alla chat, procedeva con il licenziamento per giusta causa.
Benchè il licenziamento fosse stato confermato in appello in quanto ritenuto lesivo dell’immagine dell’azienda e della cliente, gli ermellini ribaltavano la sentenza ritenendo che il ristretto gruppo della chat fosse sufficiente a sostenere l’interesse degli iscritti a non divulgare i contenuti e tutelare la segretezza contro l’accesso di terzi.