La Corte di Cassazione (sent. n. 31137/2019) detta alcuni importanti principi circa la corretta applicazione dei buoni pasto per le lavoratrici che usufruiscono dei permessi per allattamento.
Il caso, nella fattispecie ambito della pubblica amministrazione, riguarda una lavoratrice che fruendo dei permessi giornalieri per allattamento, non usufruisce della pausa pranzo e non raggiunge, quindi, le sei ore di lavoro giornaliere: in tal caso, secondo i Giudici della Cassazione, non matura il diritto al buono pasto perché le ore godute per allattamento sono equiparabili alle ore lavorative esclusivamente ai fini retributivi e non possono essere considerate come lavoro effettivo.
Il buono pasto, non obbligatorio e strettamente collegato alla presenza lavorativa, è un beneficio riconoscibile al dipendente che, non potendo usufruire del servizio mensa, consenta di conciliare le esigenze di lavoro con quelle personali e deve essere ricondotto all’impianto normativo che regola l’orario di lavoro che prevede l’obbligo della pausa giornaliera qualora l’orario di lavoro ecceda le sei ore giornaliere.
Le ore di allattamento, quindi, non possono essere equiparate al lavoro effettivo e non sono utili al raggiungimento della misura minima giornaliera delle ore di lavoro che danno il diritto alla pausa per il recupero delle energie psico-fisiche: conseguentemente, non è possibile riconoscere il diritto al buono pasto.