La Cassazione (sentenza n. 25583/19 del 10/10/2019) ha confermato l’ipotesi delle dimissioni per “fatti concludenti” allorquando il lavoratore si allontani spontaneamente dall’azienda (c.d. abbandono del posto di lavoro) e non dia riscontro agli inviti che il datore di lavoro gli rivolge per riprendere l’attività lavorativa.
Secondo gli ermellini, dunque, la modifica della procedura delle dimissioni intervenuta qualche anno fa, che prevede l’obbligo di convalida mediante specifica procedura telematica, non avrebbe modificato quanto previsto dal codice civile (art. 2118) lasciando la possibilità, al datore di lavoro, di intendere il comportamento del lavoratore quale rinuncia esplicita a continuare il rapporto di lavoro e considerando la possibilità di interrompere il rapporto di lavoro per dimissioni per “fatti concludenti” che, però, con la predetta riforma non sono state contemplate.
Difformità, dunque, tra quanto offerto dalla sentenza della Cassazione e quanto, all’atto pratico, le aziende devono necessariamente tener conto al fine di evitare disagi organizzativi dovuti all’assenza improvvisa del lavoratore, al pagamento dell’odioso ticket sui licenziamenti introdotti con la legge 92/2012 e la non trascurabile necessità di individuare e formare la nuova risorsa.
Pertanto, come espressamente previsto dal D.Lgs. n. 151/2015 , bisogna necessariamente considerare che “le dimissioni e la risoluzione consensuale nel rapporto di lavoro sono rese, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro…”