La quarta sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 48779/19 dello scorso 2 dicembre, ha stabilito che il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell’esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e di quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli; ne consegue che, qualora nell’esercizio dell’attività lavorativa si instauri una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza e di tempestivo intervento circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di lesione colposa aggravato dalla violazione delle norme.
Il caso riguarda la condanna in via definitiva dei due amministratori delegati avvicendatisi alla guida di un’azienda che ne rispondono non perché inadempienti all’obbligo di vigilanza e sorveglianza ma per non aver impedito scorrette modalità di produzione.
La responsabilità amministrativa ex art. 25-septies D.Lgs. 231/01 (non risulta un modello organizzativo per prevenire il rischio specifico) non è da considerare automatica ma esclusivamente quando l’azienda ha un interesse o trae vantaggio per la mancata predisposizione delle misure di sicurezza in relazione al reato, omicidio colposo o lesioni personali colpose addebitabili all’imputato.