L’INPS con messaggio n. 2261 dello scorso 1° giugno fornisce indicazioni sull’erogazione dell’indennità NASPI ai lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo nel periodo di vigenza del divieto imposto dall’art. 46 del Decreto-Legge n. 18/2020 (c.d. “Cura Italia”) e confermato dall’art. 80 Decreto-Legge n. 34 del 19 maggio 2020 (c.d. “Rilancio”).
Durante il periodo 17 marzo – 17 agosto 2020 il datore di lavoro non può licenziare per giustificato motivo oggettivo e devono ritenersi sospese le procedure di licenziamento collettivo.
I licenziamenti effettuati in tale periodo, possono essere revocati dal datore di lavoro che potrà richiedere l’intervento dell’integrazione salariale e i rapporti di lavoro si intenderanno ricostituiti senza alcun onere o sanzione a carico dell’azienda.
L’INPS, circa la possibilità di accogliere le domande di NASPI presentate nel periodo di vigenza del divieto di licenziamento, ha chiesto parere al Ministero del Lavoro che, con nota n. 5481/2020, ha fatto presente che “… non rileva dunque, a tal fine, il carattere nullo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo – intimato dal datore di lavoro nel periodo soggetto a divieto – atteso che l’accertamento sulla legittimità o meno del licenziamento spetta al giudice, così come l’individuazione della corretta tutela dovuta al prestatore”.
L’Istituto di Previdenza Sociale, ricorrendone i requisiti, riconoscerà il diritto alla NASPI ai soggetti che sono stati oggetto di licenziamento nel periodo di divieto ma con riserva di ripetizione di quanto erogato nel caso in cui, a seguito di contenzioso giudiziale o stragiudiziale, il lavoratore venisse reintegrato; in caso di reintegro, il lavoratore dovrà presentare all’INPS il modello SR161_NASpI_Com ai fini della restituzione di quanto indebitamente percepito a titolo di disoccupazione.
Il Ministero del Lavoro, nella predetta nota, conferma che il divieto di licenziamento NON opera nei confronti di lavoro delle colf e badanti per i quali vige la disciplina della libertà recedibilità e NON opera per i titolare di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa in quanto il divieto è limitato ai rapporti di lavoro subordinati.