Secondo il Tribunale di Belluno, deve ritenersi lecito il comportamento del datore di lavoro che pone in ferie il lavoratore che rifiuta la somministrazione del vaccino.
La sentenza prende spunto da un caso verificatosi presso una RSA dove, alcuni lavoratori cui era stato inibito l’accesso in azienda perché avevano rifiutato la somministrazione del vaccino, erano stati posti in ferie dal datore di lavoro: per tale motivo, avevano impugnato il provvedimento e chiesto di poter rientrare al lavoro per svolgere la propria attività lavorativa.
Il Giudice parte dal principio, ormai più che consolidato, che il datore di lavoro deve operare nel rispetto dell’art. 2087 c.c.:
“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Un principio che impone al datore di lavoro di adottare non solo particolari misure tassativamente imposte dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività svolta e quelle generiche dettate dalla comune prudenza ma anche tutte quelle che, di fatto, siano necessarie per tutelare il lavoratore in base all’esperienza e alla tecnica.
L’emergenza epidemiologica in atto ha evidenziato come il vaccino, quale misura necessaria per ridurre gli effetti negativi della malattia, sia la misura idonea per tutelare la salute del lavoratore che (come nel caso di specie) opera in una struttura sanitaria e che, in virtù delle mansioni esercitata, viene a contatto con pazienti, colleghi e persone presenti sul luogo di lavoro: la loro presenza costituirebbe, per il datore di lavoro, grave violazione dei principi contenuti nell’art. 2087 del codice civile.
Il Tribunale ha ritenuto legittimo il comportamento del datore di lavoro di porre in ferie il personale non vaccinato e ha respinto anche la possibilità paventata dai lavoratori che, all’esaurirsi delle ferie loro spettanti, potessero essere sospesi dal lavoro senza retribuzione o, nei casi più estremi, licenziati.
Una soluzione temporanea, quelle delle ferie forzate per i lavoratori che non vogliono sottoporsi alla somministrazione del vaccino, che differisce soltanto la soluzione del problema obbligando, inevitabilmente, tra la scelta di sospendere il lavoratore senza retribuzione (dopo aver usufruito delle ferie a disposizione) e l’eventuale, inevitabile, possibilità di licenziamento.